Una vita da vasaio

02/feb/2021
Giovanna Baldelli

Ci sono luoghi che nonostante le trasformazioni subite, hanno conservato un carattere identitario profondo o meglio un “genius loci”, dove l’abitare esprime un forte senso di radicamento culturale. In questo processo d’identificazione con il luogo assumono particolare rilievo: la cultura materiale, le tradizioni alimentari, i saperi artigianali, le esperienze di utilizzo e valorizzazione del territorio.
In questo senso la tradizione si configura come un prezioso giacimento su cui radicare l’innovazione […]
Giuseppe Furlanis (da S.Follesa, Design e Identità, Franco Angeli 2013

Fratte Rosa, piccolo borgo situato sulle colline dell’entroterra pesarese, è conosciuta come la capitale della lavorazione delle terrecotte della zona nord delle Marche ed il luogo storico di “cocciari” o “pignattari”, termini che tradizionalmente contraddistinguono coloro che lavorano l’argilla.

La produzione di terrecotte, è qui considerata, da sempre, prodotto del territorio in quanto a unicità delle sue forme e processo di lavorazione che ne garantisce la qualità.

Il paese, insieme ad altri centri limitrofi è collocato in un territorio denominato “i Lubachi”, termine che caratterizza la grande presenza di argilla, una terra grigia, compatta e non ruvida della quale si riportano alcune datate citazioni:

 

“una terra fredda e cretosa, quella dei Lubachi, impossibile lavorarla con l’aratro per piantare, né tantomeno alle radici delle piante di penetrarla”.
Essa servì quindi a ben altro, per fare le terrecotte, producendo tegami, piatti, vasellame vario, ceramica d’uso in genere.”

“il Signore ci ha dato quella terra fredda, e gli uomini qui a Fratte Rosa ne hanno fatto le terrecotte”.

”da che mondo e mondo gli abitanti di qui scoprirono che quella terra fredda e dura diveniva morbida e docile, bastava mischiarla con acqua e impastarla bene bene ed essa si faceva modellare, ci si poteva fare qualunque cosa. Incominciarono così a fare le pentole e le “pignatte”.

 

cava di argilla

Cava di argilla nel territorio di Fratte Rosa. Il cavatore-vasaio, Attilio Fagotti

 

LE SUE ORIGINI

Circa le antiche origini della terracotta, fondamentali sono stati i numerosi ed approfonditi studi compiuti da illustri storici presso gli Archivi ufficiali del territorio e non solo.
Le ricerche, hanno permesso di constatare che a Fratte Rosa, in passato, era registrata la più alta concentrazione di laboratori e botteghe come fonte importante per l’economia paesana e la tradizione dei “cocci” risale probabilmente alle origine stesse del Paese.
Non è un caso che il termine “Fratte” sembra derivi dal latino “fracta” e cioè terra battuta, rotta, macinata, lavorata ovvero l’essenza delle azioni dedicate alla sua lavorazione e manipolazione.

Come confermano gli scritti contenuti nell’Archivio storico Malatestiano di Fano, è possibile datare l’origine della lavorazione della terracotta al Medioevo, anche se era conosciuta già in epoca romana e molto in uso presso la popolazione della vicina città di Suasa, in seguito trasferitasi in collina, come conseguenza delle invasioni barbariche; da qui l’origine di Fratte Rosa e degli altri borghi limitrofi.

Nel corso degli studi compiuti, è risultato un importante documento datato 1477, proveniente dal Registro delle Gabelle (l’imposta di consumo), nel quale “Antonio di Gilio da Mondolfo” assieme a “Battista dalle Fratte” e “Allegretto da Venezia”, pagano il dazio per passo di vasi, boccali e pignatte. Se ne deduce che Battista dalle Fratte fosse un “pignattaro” dalle origini frattesi.

Un’altra testimonianza è contenuta negli Atti Consigliari della Comunità di Pergola, relativi agli anni 1548,1554, dove vengono citate le botteghe dei pignattari di Fratte Rosa, come affittuari del portico del palazzo comunale, dove gli artigiani erano soliti mostrare i loro prodotti in vendita.

Indagini specifiche hanno stabilito il 1730, come l’origine accertata della attività della Famiglia Fabiani, cocciari di Fratte Rosa.
Ciò è stato determinato con esattezza quando gli impiegati del Comune ed il prete di allora hanno eseguito delle ricerche specifiche da riferire al Ministero, il quale ha voluto riconoscere alla Famiglia un Diploma a merito per l’attività svolta.
Il Diploma è conservato presso il laboratorio degli eredi della famiglia ed è datato 1939.

 

lavorazione

Lavorazione al tornio, Bottega Fabiani (il fornacione)

Un’altra testimonianza inequivocabile è rappresentata dalle opere su tela dell’illustre Pittore fanese Carlo Magini (1720-1826) che ha rappresentato le sue nature morte, con gli inconfondibili “cocci” frattesi.

pittura Carlo Magini

Opera del Pittore Carlo Magini (1720-1806)

Il 1870 è la data in cui sono nate le botteghe delle famiglie dei Bartoli, Cianni, Mencarelli, Pietrucci e Ceccarelli

lavorazione in bottega

Lavorazione al tornio, Bottega Bartoli

Una importante mappa datata 1847, conservata presso l’Archivio di Stato di Pesaro - Delegazione Apostolica, indica i luoghi in cui erano concentrate le case-laboratorio e cioè le “Vasarie delle Fratte”; una comunità ben consolidata di Vasari presso le contrade frattesi di Fonte Cannella e di Serre, luoghi dove questa attività aveva la maggiore produzione.

 

Archivio di Stato di Pesaro – Delegazione Apostolica. Anno 1847, con la lettera H è indicata la zona delle “Vasarie delle Fratte”, poste nella strada delle Serre

La prova che l’economia paesana ruotasse attorno alla attività dei vasai è riscontrata anche nell’ “Elenco delle Industrie”, del 1883, redatto dalla Regia Camera di Commercio ed Arti di Pesaro che cita “le fabbriche vasi di creta”, la principale attività praticata in paese, con 8 ditte registrate ufficialmente.

Nel 1898, lo scrittore ligure Gustavo Strafforello, citava Fratte Rosa come luogo in cui “viene fabbricato vasellame di creta, assai resistente all’azione del fuoco e che costituisce un importante cespite di commercio per gli abitanti”.

Alla fine del 1800 Fratte Rosa e Barchi, costituivano i due maggiori poli territoriali per la produzione di “stoviglie da fuoco”.

Nel 1911 risultano esistenti a Fratte Rosa, 8 botteghe della lavorazione dei “cocci”, stoviglie molto ricercate per la resistenza straordinaria all’azione del fuoco, quindi utilissimi per cucinare ma anche per la conservazione dei prodotti. Si elencano le botteghe operanti in quel periodo:

Bartoli Fortunato, Ceccarelli Guglielmo, Cianni Melvido, Fabiani Giuseppe, Fabiani Dionisio, Fabiani Fabiano, Fabiani Angelo e Fabiani Roberto.
Una caratteristica paesana meritevole di essere citata: le lunghe tavole in legno appoggiate ai muri delle case, dove erano poste ad asciugare “le pignatte” al sole, prima di essere collocate nelle fornaci.

 

mappa degli artigiani vasai

Mappa degli artigiani vasai in esercizio nel periodo 1920-1940

 

GLI SMALTI DEI COLORI DELLA TERRA E LA CERAMICA D'USO

I “cocci” della tradizione di Fratte Rosa mostrano caratteristiche uniche. Le “stoviglie da fuoco” ma anche gli utensili per la conservazione di prodotti, sono caratterizzati da smalti dei colori della terra privilegiando il “miele”, “il marrone”, il “verde ramina”, oggi in disuso ed il più apprezzato “nero”, considerato uno smalto unico delle Marche, d’Italia ed anche oltre.

 

Ceramica d’uso frattese per la “cucina nel coccio”

 

LO SMALTO NERO E IL “SEGRETO DI BOTTEGA”

Le origini sull’uso dello smalto nero sono antiche, probabilmente millenarie. Alcuni scavi compiuti nell’unica strada che permetteva un tempo l’ingresso nel Paese di Fratte Rosa, (ex via Serre, ora via delle Terrecotte) hanno evidenziato infatti che anticamente per il fondo stradale venivano utilizzati gli scarti di terrecotte; è stata rilevata anche la presenza di cocci con smalti di colore nero. Le famiglie Fabiani e Bartoli, erano soliti usare smalti di colore nero, sin dalle origini delle loro rispettive botteghe.

Lo smalto nero dai riflessi color melanzana è dato dalla presenza di manganese con una ricetta che veniva tramandata gelosamente di padre in figlio, nell’osservanza dell’antico “segreto di bottega”.
Ed è proprio grazie a questa usanza che tale caratteristica del colore, è stata preservata da contaminazioni nel corso dei decenni.
Per la composizione dello smalto, la silice era reperibile anche nel territorio frattese ma in seguito, quella di migliore qualità, veniva prelevata lungo le sponde del lago Trasimeno e sfinata nel macinell’.
I mercanti portavano il manganese ed i silicati per il colore nero in sacchi di pietre scure provenienti dalla zona di Anghiari (AR), dove venivano raccolti nei campi dalle donne dedite a questa attività. In tempi più recenti, la polvere di manganese già lavorata, proveniva da Sansepolcro (AR).

Le pietre venivano schiacciate in un mortaio e si scioglievano in acqua insieme ad altri componenti “segreti” e fondamentale era la giusta densità del composto liquido in cui immergere le terrecotte che passavano poi all’ultima cottura a oltre mille gradi”.

Le terrecotte di Fratte Rosa, esposte negli antichi e fiorenti mercati e fiere rionali, erano molto conosciute, apprezzatissime e ricercate ed andavano trasportate sui carri in ogni angolo del pesarese e persino fuori provincia e fuori regione, da Senigallia a Corinaldo, da Sassoferrato ad Arcevia e persino Osimo Forlì, Gualdo Tadino e Gubbio.

 

ceramica nera

Terrina smaltata col nero “melanzana”

 

ANTICHI METODI DI COTTURA: IL RAMOSCELLO DI ULIVO

L’introduzione della energia elettrica, ha indubbiamente modernizzato i metodi di lavorazione e cottura dei “cocci”.
Il tornio, anticamente, era costituito da una ruota spinta dalla mano dell’uomo che permetteva di formare gli oggetti, sostituita in era moderna dal più pratico e veloce tornio elettrico che però non ha soppiantato il metodo di lavorazione, espresso attraverso gli stessi gesti di qualche secolo fa.
In tempi antichi la cottura avveniva in un impianto fatto di mattoni, grande quanto una stanza, con la capacità di contenere centinaia di pezzi.
Il forno veniva scaldato con fascine di ginestra, faggio, ornello, ulivo, carpino e raggiungeva la temperatura ottimale in non meno di 24 ore, per cuocere il biscotto a 750°-850° e circa a 1050° per cuocere gli smalti.
Il raggiungimento ottimale della cottura del pezzo veniva stabilito, dall’occhio esperto del pignattaro che introduceva in un piccolo foro del forno un ramoscello di ulivo per illuminarne l’interno ed il pezzo cotto a così alta temperatura, garantiva una stabilità e durata nel tempo.

 

Antico forno in muratura

Antico forno in muratura, Bottega Fabiani

 

LA TERRACOTTA COME ESPRESSIONE DI UN TERRITORIO

L’era moderna dalla fine della seconda guerra, ha sancito il lento declino della lavorazione dell’argilla, sostituita dalla commercializzazione di utensili industriali in alluminio e della sempre maggiore introduzione di oggetti in plastica.

Pertanto, in tempi più recenti, è stato necessario rimarcare “i punti fissi” di una attività in via di sparizione ma che tanto rappresentava ancora nella storia e nelle tradizioni del Paese di Fratte Rosa e del suo territorio.

Rilanciare la terracotta su “larga scala”, è stata la prerogativa di un team di persone, appassionate e lungimiranti come Franco Bucci, noto esperto pesarese di ceramica, Paolo Volponi, illustre scrittore urbinate, Mauro Tamburini, fotografo e Franco Martelli, storico che grazie alla supervisione degli ultimi pignattari e la sensibilità della Amministrazione Comunale, hanno ripercorso le origini delle numerose famiglie locali storicamente impegnate in questa attività, documentando gli interessanti risultati nel memorabile libro del 1981, “Fratte Rosa”.

Il Progetto denominato “FRATTE ROSA COMUNE” di grande risonanza nel territorio e oltre, ha permesso una catalogazione delle “forme classiche” della plurisecolare tradizione locale, consistenti principalmente in utensili indispensabili in cucina, per cuocere, conservare, raccogliere i cibi e i prodotti della terra.

 

Forme tipiche della tradizione frattese

Gli oggetti di antica origine, sono oggi conservati presso il Museo demoetnoantropologico della terracotta, presso “Convento Santa Vittoria”.

Tornio a mano primi 1900, presso Convento Santa Vittoria

 

LA TERRACOTTA NEI TEMPI MODERNI

Fratte Rosa con la sua “terracotta” vanta la partecipazione alle “eccellenze artigianali” delle Marche, territorio ricco di storia e tradizioni, in un percorso dedicato al fattoamano che ne valorizza maggiormente il significato, la sua origine secolare e la qualità dei prodotti.

Le botteghe artigiane presenti nel territorio, si esprimono fra tradizione e modernità, sia attraverso gli antichi metodi di lavorazione al tornio che con oggetti decorati secondo la tradizione rinascimentale ma anche con una espressione creativa più “attuale”.

Preservare, valorizzare e trasmettere un’arte è un aspetto prioritario della nostra Comunità, utilizzando quanto più possibile la recente predisposizione ed interesse nel riscoprire la manualità, il ritorno del fattoamano e dell’artigianato italiano autentico, introducendo strumenti adeguati come di seguito, ci permettiamo suggerire: l'introduzione di progetti di scuola della ceramica per la formazione e l'introduzione al lavoro dei “vasai” del nuovo secolo, ottenere riconoscimenti di marchi di qualità, con l'obiettivo di tutelare e valorizzare la ceramica artistica ed artigianale italiana, cercando di soddisfare la crescente richiesta di “turismo esperienziale” con l'attivazione di stages formativi aperti a tutti (bambini, persone esperte e principianti).
Il tutto per la valorizzazione del prodotto locale, della sua qualità ed autenticità.

 

Bibliografia testi e illustrazione fotografica:

Fratterosa, fratelli Giorgi, 1974
Fratterosa, Paolo Volponi, Franco Bucci, Mauro Tamburini e Franco Martelli, 1981
Le Rose delle Fratte, Olinto Petrucci, 1997
Sulle tracce dei Vasai, Gianni Volpe, 2010
L’ultima favola, Liliana Laganà, 2002

. per i percorsi formativi dedicati alla lavorazione della terracotta e la visita alle botteghe artigiane, contattare il numero: 339 8289410
. per la visita al Museo demoetnoantropologico della terracotta, presso Convento Santa Vittoria, contattare il numero 349 5257564