Visita alla Miniera di Zolfo

02/lug/2018
Eleonora Guerra

Ricostruendo la storia di mio nonno minatore nel precedente articolo, sono giunta fino a Cabernardi e ho visitato ciò che resta della Miniera di zolfo di Cabernardi, al Parco Archeominerario. Un viaggio istruttivo ed emotivo insieme che vi consiglio caldamente.

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In tempi recenti e grazie a sapienti opere di restauro è possibile visitare, all’interno di un suggestivo scenario naturale, alcuni luoghi e impianti della miniera, e cioè tutto quello che rimane delle costruzioni di superficie. Ciò che salta subito all’occhio, e che si avvista anche da lontano è il cosiddetto Pozzo Donegani, così denominato in onore di un ingegnere della Montecatini; con la sua mole imponente non è solo il simbolo della Miniera stessa, ma il muto testimone di tutte quelle migliaia di minatori che ogni giorno scendevano nelle viscere della terra. Permetteva, infatti, ai minatori e agli operai che vi lavoravano a vario titolo, di scendere fino al 13° livello (ogni livello era circa 30 metri), per mezzo di gabbie e ascensori, manovrati da personale specializzato.

Pozzo donegani

Pozzo donegani

Accanto alla Cisterna della Nafta, che volutamente conserva ancora le tracce di questo utilissimo carburante, e che recentemente è stata riconvertita ad Auditorium, si può ammirare ciò che resta della centrale a vapore.

Auditorium

Auditorium

In una strada sterrata, proseguendo la visita, mi sono trovata davanti alla lunga fila dei forni Gill, così chiamati dal nome dell’inventore, che erano utilizzati per la combustione dello zolfo estratto, simili ai calcaroni, di cui avevano preso il posto, perché più moderni e più veloci nel processo di liquefazione del minerale.

Forni Gill

Forni Gill

Calcaroni

Calcaroni

Mentre i forni Gill erano costituiti da gruppi di 4 o 6 celle in muratura comunicanti e permettevano di recuperare meglio il calore prodotto dalla combustione, i calcaroni, molto più numerosi nella miniera ed ora visibili solo in parte, erano grossi forni circolari e profondi, realizzati interamente in muratura in cui lo zolfo si accumulava man mano che veniva estratto dal sottosuolo e poi bruciato. In entrambi i casi il liquido che colava veniva incanalato negli stampi per formare i “pani” di zolfo del peso di circa 50 kg ognuno.

Un’altra struttura imponente, tuttora visibile, è senza dubbio il “Piano inclinato” per il traino dei vagoncini.

Piano inclinato

Piano inclinato

I vagoncini venivano trainati da cavalli, muli e somari - Povero nonno!! che ancora te li sognavi!!! Raccontavi che più carrelli riuscivi a portare fuori e più ti pagavano! - che alloggiavano in stalle sotterranee.

Vagoncino per l'estrazione dello Zolfo

Vagoncino per l'estrazione dello zolfo

Ma quello che ha aggiunto ancora più emozione a questo mio viaggio a ritroso nel tempo e nello spazio, è stato entrare in una galleria vera e propria. Indossato il caschetto protettivo, seguendo la guida che mi aveva accompagnato fin dall’inizio della visita, mi sono addentrata nella miniera vera e propria.

E’ vero, è una brevissima galleria e di superficie per giunta, ma finalmente mi sono sentita “dentro” la storia, dentro la miniera, dentro il mio e il nostro passato. Ero quasi commossa e ho ripensato con estremo rispetto e ammirazione a tutti quegli uomini che avevano lavorato duramente all’estrazione e alla lavorazione di quel minerale così importante per il mondo dell’epoca. Una sorta di timore reverenziale … e sì che dovevo pur stare attenta a non sbattere la testa e cercavo di passare sempre al centro del cunicolo, al culmine della volta! Mi è venuto da dire che era molto bassa e la guida mi ha confermato che le gallerie “di sotto” erano ancora più basse e allora ho pensato “Povero nonno, come avrai fatto tu che eri alto un metro e novanta???”, la ragazza che era con me ha risposto che lì sotto si lavorava quasi sempre piegati in due.

Tunnel della miniera

Un tunnel della miniera

Pozzo aerazione

Pozzo di aerazione

Al termine del giro turistico, ho ringraziato Patrizia Greci, presidente dell’Associazione Culturale Miniera Onlus che è stata davvero gentile e disponibile, permettendomi il libero accesso al museo e fornendomi tutto il materiale di cui avevo bisogno, e le guide del Museo e del Parco che mi hanno affiancato in questo mio tuffo nel passato.

Prima di tornare definitivamente a casa, sulla via del ritorno mi sono fermata al Canterino, altro villaggio dormitorio dei minatori, le cui case furono erette nel 1917 dalla Società Montecatini per i minatori immigrati. Era una piccola comunità autosufficiente con gli orti, le fonti comuni, un forno pubblico, la scuola, la chiesa e il dopo lavoro dei minatori. Ma quello che sorprende più di tutto, di questo villaggio, è il rigore delle linee, la simmetria delle case e delle strade, un complesso che sembra tracciato con la matita e il righello e che fa un piacevole contrasto con la selvaggia vegetazione che gli sta intorno. Da visitare sicuramente!

Infine non potevo non fermarmi nella cappellina dedicata a Santa Barbara, che è la patrona dei minatori, al cui interno è custodita una croce realizzata con le corde metalliche del vecchio pozzo, e non potevo non esprimere un tacito ringraziamento a quella Santa, così venerata nella mia famiglia, per aver fatto tornare ogni sera mio nonno a casa, da sua moglie e dai suoi bambini.

PER MAGGIORI INFORMAZIONI

http://www.minieracabernardi.it/

http://www.parcodellozolfodellemarche.gov.it/menu-sinistra/siti-minerari/le-miniere-di-cabernardi-e-percozzone/

http://www.parcodellozolfodellemarche.gov.it/menu-sinistra/siti-minerari/gli-impianti-di-raffinazione-di-bellisio-solfare/

 

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