Miniera di Cabernardi, storia di un territorio

12/giu/2018
Eleonora Guerra

Ripensando a mio nonno che, spese la sua giovinezza in miniera, sfuggendo al destino già segnato di diventare bracciante agricolo, e assicurare così uno stipendio “fisso” alla sua numerosa famiglia, al fatto che ormai vecchio sognava ancora di incitare i muli, quei “maledetti muli”, a trainare i carrelli pieni di zolfo fuori dai cunicoli, mi sono decisa a “scavare” anch’io, per conoscere la sua storia, la storia di molti cittadini di Pergola e della Valle del Cesano.

Così in una soleggiata domenica di Maggio sono andata a Cabernardi, dove tutto ebbe inizio.

Cabernardi è una frazione del comune di Sassoferrato, in provincia di Ancona, e a vederlo adesso sembra un paese agricolo come tanti, addormentato sul crinale di una collina, circondato da campi rigogliosi, allietato dal canto degli uccellini, ma che, se lo guardi bene, porta ancora le tracce di quello che dovette essere a cavallo delle due guerre mondiali, quando al culmine del suo splendore, era arrivato ad ospitare oltre 3.000 abitanti. Perché a quel tempo era il fulcro di tutta l’attività estrattiva della Miniera di Zolfo di Cabernardi, in concessione alla Società Montecatini, il più grande complesso di estrazione di zolfo d’Europa.
Tra il 1886, quando vennero fatti i primi rilevamenti e fu trovato l’“oro giallo”, e il 1959, quando la miniera fu definitivamente chiusa, questo piccolo centro segnò un’epoca, richiamando intelligenze e saperi tecnici e scientifici da tutt’Italia, ma soprattutto forza lavoro da tutti i territori vicini; non solo dai comuni di Sassoferrato e Arcevia, ma anche da Pergola e giù giù lungo la Valle del Cesano e mio nonno, ad esempio, da San Vito sul Cesano, in sella alla sua bicicletta, raggiungeva Pergola, punto di raccolta della Montecatini, per poi salire su un camion tre assi, alla volta della “Mina”.

La Miniera portò lavoro e ricchezza, e si creò una sorta di isola felice in cui l’economia prosperava e i cui benefici effetti si ripercuotevano in tutti i territori interessati, sia direttamente che indirettamente, dalle attività ad essa collegate.

Nel cuore di questo villaggio operaio, a 500 metri dalla miniera vera e propria, ho fatto il mio ingresso ne “Il Museo della Miniera”, ospitato presso l’ex scuola Media di Cabernardi. E’ stato il primo passo per immergermi nella vita della miniera e di chi vi lavorava. Attraverso il percorso espositivo, che si snoda su due piani, ho avuto una visione d’insieme di tutto il complesso minerario, osservando ad esempio il plastico del Parco Archeominerario, mentre i video dell’epoca, nella sala proiezione, mi hanno mostrato scene di vita inedite. In quella che è definita Galleria della Memoria, invece, un breve tunnel che ricrea l’atmosfera buia della miniera stessa, ho potuto quasi toccare con mano gli oggetti personali dei minatori, come cappelli, caschetti, scarponi, lampade, certificati ecc.

Galleria della memoria

La galleria della memoria

Tutto il museo, va detto, è costituito da materiale originale d’epoca, donato dai famigliari dei minatori stessi, quindi è in continua evoluzione, e rappresenta una testimonianza importante e reale di un mondo che ora non esiste più.

Una sezione del museo è dedicata alla toccante e drammatica vicenda relativa all’occupazione della miniera. Era l’anno 1952 quando la Montecatini, annunciando il graduale esaurimento del minerale solfifero del bacino di Cabernardi, stabiliva di licenziare 860 operai e la progressiva riduzione dell’attività estrattiva. Per avere un quadro della situazione, bisogna tener presente che, in quel periodo la manodopera occupata era di circa 1.400 operai, con una produzione media di 870 tonnellate di minerale, suddivisi fra la miniera di Cabernardi e quella di Percozzone (frazione del comune di Pergola).

Alcuni minatori della Miniera di Zolfo di Cabernardi

Alcuni minatori della Miniera di Zolfo di Cabernardi

La Montecatini prospettava una drastica riduzione di oltre la metà del personale impiegato. Così il 28 maggio 1952 oltre 330 operai, come forma di lotta, decisero di occupare le Miniere di Cabernardi e Vallotica: 176 minatori rimasero nelle viscere della terra al 13° livello (più di 500 metri di profondità), mentre altri 161 si fermarono nei cantieri all’esterno. L’occupazione durò più di 40 giorni, ricordata anche nel documentario di Gillo Pontecorvo “Pane e zolfo”, i licenziamenti fioccarono, e infine dopo una lunga trattativa, i “sepolti vivi” ritornarono alla luce, i lavori ripresero ma il destino della miniera era segnato: l’attività estrattiva venne gradualmente meno, e rimase solo quella di raffinazione e trasformazione, fino a quando nel 1963 la Montecatini rinunciò definitivamente alla concessione. Da quei drammatici giorni seguì una sorta di diaspora, poiché dopo il pensionamento di oltre 100 operai, altri 300 vennero trasferiti negli stabilimenti di Pontelagoscuro (Ferrara), in Toscana, in Sicilia e Trentino. Una parte migrò in Belgio.

Uscita dal museo ho raggiunto il vicino Parco Archeominerario, dove un altro fantastico viaggio mi aspettava. Innanzi tutto, per la prima volta, ero consapevole che sotto i miei piedi si estendeva un mondo sotterraneo immenso, un bacino minerario che aveva un’estensione di circa 8 km di lunghezza, 1500 m di larghezza e soprattutto 800 metri di profondità, di cui 515 sotto il livello del mare. Un labirinto di 40 km di gallerie a cui si accedeva da due enormi pozzi di estrazione profondi 460 metri, 20 km di discenderie, 40 km di traverse, 40 km di rimonte e 10 km di fornelli, e questi sono solo dati indicativi!!!

Ed ora capisco il terrore di mia madre bambina, quando vedeva il suo adorato babbino scendere dentro una gabbia di metallo, in un buco nero del terreno, sempre più giù, fino a quando scompariva alla vista la fiammella del casco!!

In ogni famiglia di Pergola e dintorni ci sono “storie di miniera” che si tramandano ed io ho voluto rendere omaggio a nonno Tito, e ai tanti come lui, che hanno lasciato sudore e fatica dentro quei bui cunicoli. E se vi è piaciuta questa storia e volete sapere come va a finire… non vi resta che leggere la prossima puntata dell’articolo!

A presto...

 

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